Il genio infelice by Vulpio Carlo

Il genio infelice by Vulpio Carlo

autore:Vulpio, Carlo [Vulpio, Carlo]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Il fiume

Le moto, la sua scuderia di cavalli meccanici, non lo tradivano mai, se una si ammalava, le altre erano pronte a sostituirla. Su di loro poteva contare sempre, continuando così senza interruzioni la sua personale esplorazione del mondo.

Fino a quel momento, i viaggi su due ruote non si erano mai discostati dal Po. Antonio non si era mai spinto oltre Reggio Emilia, non era mai stato a Modena. Che al mondo c’erano cose più terribili del manicomio, lo capì fiutando l’aria, ascoltando i racconti di chi era presente e aveva visto tutto, osservando gli occhi delle persone che incrociava. Sentì pronunciare la parola «strage» e venne a sapere che il fatto spaventoso di cui si parlava, che incupiva i volti di coloro che incontrava, era avvenuto a Modena il 9 gennaio 1950, alle Fonderie riunite.

La decisione di chiudere la fabbrica e licenziare in blocco i cinquecentosessanta operai che vi lavoravano, sostituendoli con nuovi assunti senza tutele sindacali e senza tessere di partito, aveva indotto i sindacati a proclamare lo sciopero generale in tutta la provincia. Questura e prefettura però non autorizzarono alcuna manifestazione. I metalmeccanici scesero in piazza comunque, pacificamente, ma il ministro dell’Interno, Mario Scelba – lo stesso che aveva minimizzato la strage di Portella della Ginestra del 1° maggio 1947, undici morti e più di sessanta feriti –, mandò la polizia in assetto da guerra, persino con i carri armati, lasciandole licenza di uccidere.

Fu una carneficina: sei morti e duecento feriti.

I giornali, tutti, anche i più prudenti nel raccontare i fatti, restituivano un profilo preoccupante della neonata Repubblica italiana, uno Stato e una nazione disorientati e terrorizzati. È vero, il cosiddetto «triangolo rosso» emiliano, Bologna-Reggio Emilia-Ferrara, era già tristemente noto per i recenti e brutali assassini compiuti da ex partigiani che, in nome della continuazione della Resistenza, avevano agito per regolamenti di conti o per odi personali. Ma quegli episodi, pur atroci e sanguinosi, non si potevano mettere sullo stesso piano.

Nella strage di Modena era lo Stato stesso ad aver mostrato la sua faccia di belva feroce e omicida nei confronti di lavoratori che esercitavano il diritto costituzionale di manifestare e di scioperare. Ma non soffermarsi anche su quei delitti commessi solo pochi anni prima sarebbe una colpevole omissione, indegna di un romanzo sulla vita di un grande artista che proprio in Emilia cercava umanità e libertà. Non sarebbe giusto e non darebbe l’idea del clima che c’era allora in Emilia, molto simile a quello della ex Jugoslavia negli anni Novanta, con torture, sevizie, omicidi, stragi e fosse comuni anche a guerra finita, con colpevoli mai scoperti oppure assolti e liberi, e innocenti incolpati, condannati e incarcerati.

Due fatti significativi basteranno a rappresentare tutti i crimini commessi.

Il primo avvenne a Pieve di Cento, Bologna, in due tempi, due eccidi, l’8 e l’11 maggio 1945. Esecuzioni sommarie a opera di ex partigiani delle Brigate Garibaldi, in cui furono uccise ventinove persone, dodici nella prima e diciassette nella seconda, strangolate dopo essere state torturate e seviziate. Le vittime non erano



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